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...E da bere che le porto?

l`importanza del beverage nella ristorazione

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Forse vi sarà capitato di vedere uno spot pubblicitario di un noto tè passare per le tv nazionali in quest’ultimo periodo.
Perché vi facciamo fare questo sforzo di memoria? Perché la pubblicità, a parte il prodotto che sponsorizza, mette in scena una situazione tipica di molti ristoranti e pizzerie. Ve la spieghiamo in breve: c’è un cameriere che prende una comanda, ascoltando attentamente il cliente, un giovanotto molto spigliato, che per filo e per segno spiega cosa desidera mangiare, sottolineando anche come vuole certe pietanze: “insalata con pomodorini freschi” e “olio extravergine naturalmente”, con piglio da esperto gastronomico. Il cameriere poi domanda: “E da bere?”. Cade il silenzio più assoluto… Il viso del cliente diventa un grande punto di domanda, tutti gli altri commensali dagli altri tavoli si girano a guardare la scena imbarazzante, col fiato sospeso. Ora, non immaginiamo certo che qualcuno di voi suggerisca un tè con l’insalata, ma abbiamo preso ad esempio questo spot perché racconta benissimo, in modo simpatico, quello che spesso accade, cioè trovarsi di fronte ad un cliente ferratissimo sul cibo (in Italia siamo tutti buon gustai), ma assolutamente maldestro sul beverage.
Quando si tratta di abbinare il cibo alla bevanda non tutti noi italiani siamo così bravi, esperti, intenditori. E magari mettiamo in tavola la prima cosa che capita. Qui entra in gioco il ristoratore che può, anzi deve, suggerire il miglior abbinamento, educando così il cliente al gusto del buon bere. Un buon vino, una buona birra, ma anche una buona acqua minerale, esaltano il piatto che si sta mangiando. E avere una carta delle bevande ricca e qualificata è un servizio in più da dare al cliente che, sappiamo, in pizzeria e al ristorante deve avere sempre il piacere di vivere un’esperienza di gusto “diversa” e “migliore” di quella che avrebbe a casa.

birra.jpgPizza e…?
Sui tavolacci delle primissime pizzerie, quelle delle origini, la pizza napoletana non fu accompagnata dalla birra, bensì dal vino. Fu così per lunghissimo tempo, fino alla seconda guerra mondiale, quando la bionda spumeggiante iniziò ad essere prodotta begli stabilimenti italiani e si diffuse, piano piano, tra i consumi degli italiani. Il primo matrimonio felice che contrasse la bionda fu proprio quello con la pizza, tant’è che oggi non possiamo non immaginare di gustare una margherita senza un boccale frizzante di birra.
Però bisogna sfatare il mito pizza-lager. Sebbene sia l’opzione più diffusa, e sia comunque un’opzione buona, non esiste solo questo stile da bere con la pizza. Come racconta sulla nostra rivista l’esperto Franco Re, la pizza può accogliere molti svariati ingredienti e per essi c’è uno stile ideale da abbinare.
Dunque è importante imparare a conoscere il ricco mondo delle birre perché esso, come il mondo del vino, propone svariate sfumature di sapore. Alla pizzeria consigliamo di puntare sulla carta delle birre perché qualifica meglio il locale e permette di farsi apprezzare da un cliente che, guidato dal gestore, può scoprire novità inattese.
C’è poi il mondo delle birre artigianali, che potremmo paragonare ai fuochi d’artificio: il fenomeno in Italia sta esplodendo in un trionfo di mille sapori differenti.
Dare attenzione alle birre in pizzeria, ma anche al ristorante, proponendo una carta delle birre, significa accontentare la domanda crescente di questo prodotto. Una carta delle birre può arrivare a contare anche 400 etichette. Ma val la pena informarsi, anche con l’aiuto dei grossisti, e acquisire competenze sul mondo brassicolo:  oggi in Italia vino e birra nel fuori casa si contendono, in un vero testa a testa,lo scettro di bevanda preferita. Recenti dati Assobirra ci dicono che i nuovi consumatori di birra sono ben 7 milioni.

Il vino
È la bevanda della tradizione italiana: da regione a regione troviamo tantissimi vitigni superbi, i cui bouquet si sposano con tutti gli ingredienti possibili e immaginabili della nostra cucina.
Oggi in un ristorante e in una pizzeria, per migliorare l’offerta e fare la “differenza” è d’obbligo una buona cantina, ed è consigliabile stilare con cura una buona carta dei vini.
La scelta delle etichette può seguire diversi criteri che caratterizzano il locale: si possono prediligere zone geografiche tipiche, oppure una rosa di vini internazionali. La scelta è soggettiva e mira a dare una certa immagine al locale. Il cliente deve avere modo di leggere in modo scorrevole la carta dei vini: è buona norma categorizzare i vini secondo una “classifica”, ad esempio “per regione” oppure “per colore” o magari (e questo è un modo molto innovativo di presentare i vini) “per abbinamento di cibi”.

Il vino al calicecalici-vino.jpg
Molti ristoratori però pongono un problema: dati i tempi, il vino di qualità risulta “costoso” per molti clienti. Inoltre, le norme sulla sicurezza stradale hanno disincentivato ulteriormente il consumo di alcol. Che fare per offrire un servizio di pregio senza gravare troppo sullo scontrino?
Una soluzione è offrire vino al calice.
Secondo Coldiretti, se in Italia c’è da un lato un calo nella quantità di vino bevuto, dall’altro lato c’è una maggiore consapevolezza sulla sua qualità da parte dei consumatori.
Nella ristorazione fuori casa il vino non è più visto come bevanda per dissetarsi durante il pasto, al posto dell’acqua, ma è un piacere da sorseggiare, da abbinare al pasto, in modiche quantità, facendo attenzione alla scelta. Optando per l’offerta del vino al calice è possibile stimolare il commensale a chiedere vini di alto standard, il che dà buone marginalità di guadagno al gestore, senza però gravare troppo sulle tasche del cliente che diversamente non potrebbe permettersi un’intera bottiglia di vino di alto rango. Per la conservazione del vino da offrire al calice esistono oggi tecnologie apposite che risolvono il problema di mantenere tutte le proprietà organolettiche.

acqua.jpgL’acqua
La terza bevanda di cui tratteremo (ma in realtà la prima richiesta dai commensali) è l’acqua. Acqua che in pizzeria o al ristorante sarebbe meglio fosse non di rubinetto, in caraffa, ma acqua minerale in bottiglia. Perché? Per due semplici, ma importanti ragioni. La prima è la qualità che le aziende di imbottigliamento assicurano, senza parlare della specificità che ogni tipo di minerale ha (liscia, effervescente, gasata oppure minerale o oligominerale).La seconda ragione è la qualificazione dell’offerta. Una bella bottiglia dedicata al canale Horeca crea differenza di servizio rispetto ad una brocca spartana.
I nuovi dati Bevitalia confermano che l’Italia è una grande consumatrice, oltre che produttrice di minerale. Quella naturale piace al 20% degli italiani, quella frizzante al 17%, quella effervescente naturale ad un altro 17%, ai rimanenti piacciono indifferentemente tutte.
Ma quello che a noi interessa sottolineare è che gli italiani propendono per l’acqua minerale in bottiglia, sia a casa che nel fuori casa, nonostante le campagne pubblicitarie sull’acqua di rubinetto. Per gli italiani una bella e buona bottiglia di acqua è sempre un bel vedere e un buon gustare sulle tavole dei locali. È sinonimo di sicurezza, qualità e gusto.


25/05/2012

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